Kraftwerk

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In Europa e non solo, si torna a parlare del gasdotto transcaspico, un progetto ambizioso e importante nel quale sono coinvolti però molti soggetti con interessi a volte contrastanti. Bruxelles vuole ricevere il combustibile dell’Asia Centrale e dunque ha annunciato un pacchetto da 12 miliardi di euro negli investimenti relativi. La somma fa gola a Paesi del mondo turcofono come Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan, disposti ad andare contro l’influenza di Erdoğan pur di non perdere l’opportunità. Infatti hanno aderito all’invito dell’Eurocommissione di rispettare le risoluzioni ONU su Cipro, isola contesa dalla Repubblica che è membro della UE e dalla Turchia, le cui truppe occupare la zona nord nel 1974. Ma ci sono anche due Paesi del Caucaso che vogliono essere parte dei giochi. L’Azerbaigian, che si affaccia sul Mar Caspio, e la Georgia, che vuole cooperare anche col Turkmenistan. Poi naturalmente c’è la Turchia, che oggi si propone attivamente come miglior fornitore possibile di gas ed energia per i Paesi europei.

 

Bruxelles vorrebbe definitivamente recedere dai contratti di fornitura di combustibile russo. Vorrebbe trovare una via perfettamente legale e possibilmente indolore dal punto di vista finanziario. Così non creerebbe pericolosi precedenti giuridici e non dovrebbe pagare pesanti penalità che inficerebbero le aspirazioni ideologiche che muovono la Commissione Europea. Si tratta di un compito estremamente difficile, sebbene appaia semplice a chi crede che sia sufficiente dire basta e chiudere i rubinetti dei gasdotti. E invece è complicato sotto tutti i piani, compreso quello politico, che vede Ungheria, Slovacchia e altri Paesi poco propensi a fermare le forniture energetiche, indispensabili a cittadini e industrie.

 

Non è ancora stato fatto un piano preciso per eliminare del tutto le importazioni di gas russo entro il 2027. O almeno Bruxelles ancora non lo ha annunciato, sebbene sia questo il momento, ammesso che si voglia davvero arrivare a quel risultato. I tentennamenti della UE e dei suoi Paesi membri nascondono una realtà variegata e molto amara per i fautori della transizione green e per i nemici ideologici della Russia. I dati che escono dal bilancio 2024 parlano di una crescita complessiva degli acquisti di gas russo da parte degli Stati UE, in particolare di Francia, Italia e Repubblica Ceca. Si sa che Ungheria e Slovacchia sono esplicitamente contrari, altri Paesi sono indecisi, e persino quelli apertamente desiderosi di chiudere ogni contatto economico con Mosca non possono impedire che altri importino le fonti energetiche russe che non cadono sotto sanzioni. Per loro, vi è un’altra recente brutta notizia, quella della possibilità di un dialogo fra Casa Bianca e Cremlino a proposito del ripristino del Nord Stream. Se tale gasdotto fosse rimesso in funzione, la Commissione Europea dovrebbe probabilmente riscrivere da capo tutto il suo piano di indipendenza energetica.